Il concetto di malattia rappresenta il nucleo centrale su cui si fonda la medicina, ma ciò nonostante, non esiste una definizione precisa accettata dalla comunità dei medici e degli operatori sanitari.

Tuttavia tale concetto è alla base dell’intervento del medico e degli stessi sistemi sanitari; spesso tende ad essere usato come uno schema generale per spiegare, giudicare, fare predizioni e controllare apparati e condizione dell’essere umano.
Nella medicina convenzionale, risalire alla identificazione della malattia, cui conferire un nome e magari una azione sul paziente, resta ad oggi l’incipit da cui partire per formulare diagnosi e cura del malato.
Ciò comporta una osservazione parziale dello stesso, limitata alla sua sofferenza (organo, apparato ecc..) con prescrizione ad hoc (nella rosea condizione in cui sia stato possibile per il medico risalire alla malattia attraverso lo studio di dati clinici/diagnostici a cui avrà sottoposto il paziente a seconda dei fastidi da lui lamentati) per quella malattia.
Posto chiaro il concetto che, compito del medico, sia egli un allopata o un omeopata, è quello di ripristinare lo stato di salute del malato, vediamo come, in Omeopatia, chiarire il concetto di malattia e la sua natura, sia un valido aiuto per il medico al fine di raggiungere l’ideale terapeutico.
Nel secondo paragrafo dell’Organon, Hahnemann afferma:
“L’ideale terapeutico consiste nel ristabilire lo stato di salute in modo rapido, dolce e permanente, nell’eliminare e distruggere la malattia nella sua totalità agendo per la via più breve, più sicura e meno dannosa; questo deve avvenire seguendo principi chiari e comprensibili.”
Ristabilire lo stato di salute equivale, in Omeopatia, a riportare l’ordine nel malato. Non la semplice scomparsa dei sintomi, ma qualcosa di più sottile, che va oltre la normale apparenza.
Per arrivare a questo è necessario che l’omeopata conosca bene quello che è da guarire nel paziente (paragrafo 3 dell’Organon).
Ristabilire la salute significa riportare il paziente in uno stato di equilibrio dinamico, equilibrio che è stato alterato da qualche fattore esterno (sia esso di natura fisica, chimica, emotiva ecc..).
Il medico omeopata si avvicina al paziente sapendo che è necessario rilevare la totalità dei sintomi, espressione della malattia, per poter capire ciò che vi è da guarire.
Una manifestazione fisica (es. danno d’organo) non è LA MALATTIA, ma una risultante di un processo di squilibrio della forza vitale interna. Partendo da una osservazione dei sintomi generali del paziente, cioè da quelle caratteristiche che, per ogni malattia, sono presenti nell’intero genere umano, il medico omeopata arriva fino al particolare, fino alla espressione unica e peculiare di ammalare di quel individuo. Solo così è possibile curare in modo duraturo e, io aggiungerei VERO, il paziente. Non si può pensare di eliminare una malattia semplicemente attraverso la scomparsa dei sintomi. Sarà necessario arrivare al cuore della sofferenza del paziente: i sintomi fisici forse saranno proprio gli ultimi ad andare via, ma si potrà osservare un miglioramento in termini di volontà del paziente, di intelletto, di umore, secondo la legge di guarigione di Hering: la scomparsa dei sintomi avverrà dall’alto verso il basso, dall’interno verso l’esterno e dagli organi più nobili a quelli meno nobili. Comprendere la unicità del paziente, il suo essere una mente, un corpo ed un anima e non un insieme di organi da osservare separatamente, rappresenta quindi il principio cardine su cui si fonda l’Omeopatia, nonché la guarigione del paziente in Omeopatia. Ne consegue che la MALATTIA, intesa come male diagnosticabile cui dare un nome, non ESISTE: esistono soltanto i malati, ciascuno con la sua unicità di ammalarsi, intesa come espressione del suo dolore. Avere chiaro questo concetto in primis, prima ancora di arrivare alla sofferenza vera del paziente che porterà alla cura, permetterà al medico Omeopata di adempiere alla sua missione nonché al suo ideale terapeutico: “Unica missione del medico è guarire in modo dolce e duraturo e presto” (paragrafo 1 dell’Organon).