Il 30 aprile scorso il  tribunale per i diritti del malato e le associazioni malati cronici hanno pubblicato una nota durante le audizioni al Senato per la Legge sul riconoscimento delle Medicine Non convenzionali (MNC). La nota la si trova nella sezione legislazione.

In sintesi, la nota riprende l’essenziale delle osservazioni discusse a proposito di MNC, espone alcuni principi e proposte di integrazione ai testi. Le principali questioni vertono sul costo delle cure, sulla necessità di trasparenza delle stesse e sulla necessità di formazione. A nostro avviso il documento è molto interessante perché rappresenta un modo di pensare alle MNC che trova in gran parte il nostro consenso, mentre dall’altro lato mostra come, grazie all’assenza di una corretta regolamentazione ed informazione relativa alle MNC, la mancata netta separazione tra terapie, terapeutiche e metodi cosiddetti non-convenzionali, determini sistematicamente confusione presso l’utenza e presso gli stessi operatori sanitari.

Ad esempio, sul piano dei costi delle terapie, il documento indica che il costo delle terapie non convenzionali può essere molto elevato. Il problema del costo elevato interessa direttamente il malato, e per tale motivo è necessario discriminare tra il costo alto di una polifarmacia omeopatica, omotossicologica, fitoterapica o integrata, e quello una di medicina omeopatica hahnemanniana che è più volte dimostrato essere più economica di quella convenzionale a breve ed a lungo termine (vedi anche 1-6).

Un’altra questione posta giustamente dalle associazioni riguarda la sicurezza dei farmaci omeopatici. Le associazioni domandano: i medicinali omeopatici sono sottoposti agli stessi controlli che i farmaci convenzionali? e sono farmaci sicuri? E’ curioso come vi sia sistematicamente una domanda del genere fatta da associazioni di pazienti, ed è anche questo un elemento che deriva, secondo noi, dall’accatastamento confusionario delle varie terapie e farmaci non convenzionali. I medicinali omeopatici sono sottoposti a controlli ispettivi da parte dell’AIFA. Le officine di produzione dei medicinali omeopatici sono ispezionate regolarmente ogni 2 anni. Sappiamo anche che l’AIFA lavora attivamente per stabilire dei protocolli comuni specifici per la registrazione dei medicinali omeopatici. Quindi a livello dei controlli di fabbricazione dei medicinali omeopatici valgono le regole del farmaco convenzionale. A riprova di questo fatto - cito a memoria da un seminario a cui partecipavano ispettori dell’AIFA - delle 47 aziende “omeopatiche” presenti in Italia nel 1997, ne restano oggi una ventina, grazie alle ispezioni che hanno chiuso situazioni molto gravi di non corrispondenza alle norme di buona fabbricazione. E le aziende rimanenti sono regolarmente autorizzate.

Sicurezza, effetti avversi. A questo proposito vorremmo citare un lavoro realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità sulle segnalazioni spontanee di effetti avversi per dare una misura del grado di sicurezza dei rimedi omeopatici unitari usati dalla medicina omeopatica hahnemanniana. Secondo questo lavoro, dal 2002 al 2007 vi sono state in Italia, per preparati omeopatici 27 segnalazioni di effetti avversi. Di queste 27 segnalazioni 19 erano di medicinali contenenti misture di medicinali omeopatici (complessi omeopatici) e 8 di medicinali omeopatici unitari semplici, cioè quelli che vengono utilizzati nella Medicina Omeopatica Hahnemanniana. stiamo parlando di meno di due segnalazioni all’anno. Se questi dati si confrontano con quelli relativi a prodotti erboristici, fitoterapici ed omeopatici complessi, e con i farmaci convenzionali (nel 2007 circa 9000 segnalazioni spontanee), appare, a prima vista, che i rimedi omeopatici hanno un grande grado di sicurezza per l’utente. Se a questa analisi aggiungiamo anche quella realizzata da Endrizzi et al. (8), si rileva che nella Medicina Omeopatica Hahnemanniana vi sono degli effetti avversi, ma non sono severi e sono molto rari, e spesso appaiono dipendere da un errore diagnostico-prescrittivo. Purtroppo anche questo capitolo, quello della grande sicurezza del rimedio omeopatico, viene sistematicamente offuscato dalla miriade di medicine “alternative” o “naturali” che spesso è associata al  nome rimedio omeopatico (rimedio e non-farmaco).

Secondo la nota, alcuni pazienti hanno segnalato alle associazioni l’uso sostitutivo e non complementare dei prodotti omeopatici con quelli convenzionali, e che tale uso sostitutivo avrebbe provocato danni. Questo è un capitolo tutto da commentare ed analizzare e ci sembra si debba procedere per gradi. In primo luogo, se si usa la metodologia omeopatica hahnemanniana contemporaneamente all’utilizzo di alcuni farmaci, è possibile che le cure omeopatiche non servano a nulla (non sempre però) perché inattivate dagli altri trattamenti; in secondo luogo quando si usano due farmaci o terapie congiunte è difficile stabilire quali siano gli effetti positivi o avversi che siano (come non lo si sa in tutti i casi in cui vengono utilizzati congiuntamente più farmaci allopatici). D’altro canto la sospensione di un trattamento convenzionale può certamente creare una reazione da parte dell’organismo, soprattutto in casi cronici dove la persona è sottoposta a trattamenti lunghissimi a cui il corpo si assuefa. Noi crediamo che il medico debba imparare ad affrontare caso per caso queste situazioni, valutando assieme al suo paziente le conseguenze e le possibilità che diverse strategie hanno, ed allearsi con lui nel percorso di guarigione. Il problema è quindi serio e deve essere affrontato soprattutto a livello della formazione del medico e della sua capacità di entrare in sintonia con il cittadino malato, giungendo entrambi alla consapevolezza del migliore dei percorsi, e monitorandolo costantemente. Ma è solo una formazione scientifica, umanistica ed etica del medico a garantire la riduzione dell’errore e del danno in percorsi difficili. Per quel che riguarda la Medicina Omeopatica, pare a noi evidente che quando le associazioni dichiarano che il terapeuta deve “evitare che il cittadino non si sottragga a specifici trattamenti di comprovata efficacia, perseguendo illusorie speranze di guarigione” hanno una percezione falsata della situazione del cittadino che chiede un trattamento omeopatico hahnemanniano. Dalle ricerche fatte su circa 7.000 cartelle cliniche della LUIMO  appare un quadro molto preciso: il 93%, delle visite richieste proviene da pazienti che sono già in trattamento convenzionale (l’altro 7% giunge alla LUIMO per prevenzione) e che evidentemente ne sono insoddisfatti, oppure il trattamento non ha o non ha avuto effetto. Se il o i trattamenti avessero avuto comprovata efficacia, molto probabilmente il paziente non si sarebbe neanche rivolto al medico omeopata. E’ quindi giusto sostenere che il medico non deve sottrarre il paziente ad una cura di efficacia comprovata, ma i casi sembrano abbastanza rari. Dai dati LUIMO succede in caso di interventi chirurgici prevalentemente.
 Ci sono tre osservazioni della nota che trovano la nostra piena condivisione. Dalle associazioni dei pazienti risulta che in molti casi non esiste documentazione clinica dell’avvenuta prestazione, manca il consenso informato e vi è una grande frammentazione della normativa regionale.
 Per i medici LUIMO la documentazione clinica ed il consenso informato sono attività regolari. La LUIMO, attraverso la realizzazione del protocollo biopatografico, sin dalla sua nascita ha promosso e sviluppato ogni forma di comunicazione per convincere medici omeopati e medici tradizionali, così come istituzioni e pubblica sanità, a tracciare la storia clinica del paziente ed i follow-up successivi. Non esiste scienza né arte in grado di trasmettersi e di migliorarsi se non esiste traccia della sua opera, non esiste serenità nella cura senza adeguata informazione al paziente. Oggi documentazione clinica e consenso informato sono un obbligo per il medico, quindi anche per il medico omeopata. I casi in cui tali procedure non sono in atto devono essere corretti.
 Quanto alla normativa regionale è talmente diversificata che indica chiaramente le preferenze o i gruppi di pressione sulle MNC, e quindi non garantisce gli stessi diritti a tutti i cittadini. Ma la disparità di diritti in Italia non riguarda soltanto le MNC purtroppo…..
 I principi indicati dalla nota sui quali le associazioni dei pazienti concordano: 1) La necessità di interazione tra MNC e medicina dominante, e non di integrazione. Per la prima volta vediamo in modo chiaro che i pazienti si rendono conto che integrare alla cieca può essere, se non verificato empiricamente, molto dannoso, e questo ci consola profondamente; 2) la necessità di prevedere percorsi formativi post-laurea per i professionisti che intendono lavorare nell’ambito delle MNC. Siamo in perfetta sintonia, ma vorremmo anche che le associazioni spingessero, per garantire una maggiore trasparenza verso l'utenza, a tenere separate le diverse MNC con rigore metodologico; 3) l’esercizio della medicina deve essere riservato ai laureati in quelle discipline. Anche qui concordiamo profondamente, almeno fin quando non sarà possibile, per la Medicina Omeopatica, avere un percorso formativo completo, equivalente a quello della medicina convenzionale. Intanto Istituzioni Private e Università devono realizzare una formazione completa e non una informazione parziale, se vogliono formare un medico consapevole delle possibilità e dei limiti delle terapie che applica!



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